Le radici di Akragas

Irene Doda
4 min readApr 28, 2021

Questo racconto breve è stato premiato al #solarpunkcontest indetto dalla casa editrice Future Fiction. FF è una realtà interessantissima (praticamente unica in Italia) che si occupa di narrativa speculativa e fantascienza, pubblicando antologie, raccolte di racconti e romanzi scritti da autor* da tutto il mondo. Andatevi a vedere il loro catalogo perché è davvero notevole. *grazie FF!*

Immagine di Tama66 da Pixabay

Siamo approdate in questo angolo di mondo. Suolo fertile, brulicante di esseri, scosceso, ricco di sale. Aria pregna di vento marino. Ci siamo stabilite in una valle chiusa tra le colline ma aperta sul golfo azzurro.

Abbiamo reso onore alle nostre Antenate, ampie distese di erba verde. Le piccole radici hanno esplorato il terreno. Oltre agli alberi antichi e alle erbe, le appendici hanno captato una presenza diversa: enormi blocchi di arenaria, gusci di esseri marini intrappolati in una pietra di colore giallastro. Abbiamo classificato tutti gli elementi di quel tufo millenario. Abbiamo inserito nel Calcolatore le informazioni raccolte dalle appendici. Ci hanno restituito un nome: Akragas.

Il Calcolatore è il potere della nostra essenza collettiva. È un’intelligenza impiantata in ogni individuo della comunità, in ognuna delle radici, dei rami, delle celle della corteccia. Il Calcolatore e i suoi dati non possono essere distrutti. Così come la nostra Comunità. Può modificarsi, può adattarsi, ma i centri vitali sono dentro ogni individuo, ogni seme e minuscola sinapsi. Siamo materia e siamo informazione. Un fluido carico di memoria.

Akragas. Un luogo sacro dei Distruttori.

La nostra specie porta il testimone della devastazione che spazzò via i regni della Terra. Possediamo i geni di entrambi gli Antenati: le Piante sono le Antenate Creatrici, gli Uomini gli Antenati Distruttori.

Come i vegetali ci muoviamo e pensiamo in gruppo. Custodiamo la moltitudine della comunità, fin nei nostri nuclei più profondi. Conosciamo attraverso gli impulsi chimici del suolo. Sappiamo quando è il momento di sacrificarci per la sopravvivenza comune, quando spostarci e quando fare spazio ad altre specie. Ma non possiamo dimenticare gli Uomini, la forza oscura che portò alla Catastrofe. Senza la Catastrofe non ci saremmo evolute. Degli Uomini, dopo loro scomparsa, abbiamo ereditato la conoscenza.

Le informazioni che hanno costituito i blocchi originali del nostro sistema sono stati recuperati dai siti sepolti dei Distruttori. Tutti i dati, i calcoli matematici dall’eleganza infinita, le immagini dell’universo, i componimenti poetici e le storie di mondi perduti create durante l’Antropocene erano custoditi a Nord, protetti dal ghiaccio. Creare quei centri di controllo, giganteschi depositi di informazione, era stata un’impresa notevole per una specie così giovane e inesperta. Dopo la Catastrofe riuscimmo a entrare nei centri di controllo e impossessarci del tesoro dei Distruttori.

Si racconta che fu la tecnologia umana a porre fine al loro regno. Niente è di più lontano dalla realtà.

Il problema degli Uomini stava nella loro scellerata organizzazione biologica e sociale. I membri delle comunità umane erano spinti ad agire uno contro l’altro. Le decisioni venivano prese in un organo centrale, non diffuse tra varie periferie come avviene per le Comunità Radicate. Il globo era diviso in porzioni dove una sola piccola cerchia di individui era a capo del destino comune. Le fazioni erano scisse a loro volta in micro-comunità: era consueto essere in guerra con il proprio prossimo, anche se appartenente allo stesso regno e alla stessa specie. La competizione per le risorse era considerata sana e incoraggiata.

Noi, le sopravvissute, ci evolvemmo per somigliare al mondo vegetale, alle Antenate Creatrici. Sviluppammo un’intelligenza diffusa in ogni nostra cellula. Ci appropriammo della conoscenza accumulata dai Distruttori per redistribuirla. Leggiamo i segnali dall’ambiente per capire quando una risorsa si sta esaurendo. Creiamo energia dalla stella solare. Nella nostra specie non esistono individui né nazioni. Siamo una Comunità: la Comunità Radicata.

Siamo giunte nel luogo sacro di Akragas. La pietra più grande è consacrata al più potente tra gli Uomini: un Dio. Un essere sacro che i Distruttori avevano creato a loro immagine. Un ente misterioso a capo dell’Universo. Il centro di un cerchio. Il vertice di una piramide.

Sappiamo di venire dalle macerie della Distruzione. Dentro di noi vi è l’impulso umano verso il nulla. Proviamo gratitudine la forza entropica e distruttrice dell’Uomo. Ci tiene in equilibrio fra due mondi. Il mondo vivo, radicato nella terra e il mondo oscuro dell’Antropocene. Non faremo l’errore dei nostri Antenati. Non penseremo di essere solo creatrici. La crescita infinita è stata l’errore degli Uomini. Le Comunità Radicate sanno quando uccidere, quando recidere le radici, quando contrarsi nella terra, quando ripiegare le fibre verso il cuore.

Ci inchiniamo di fronte alla Morte. Sia Lode all’Uomo, al Dio di Akragas, l’ago celeste che punta verso la nostra fine. Sia lode alla sua oscurità.

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