Game of Tech (e tourné mondiale delle freelance precarie)

Irene Doda
3 min readDec 22, 2023
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Ciao,

sono appena tornata da quello che è definibile un tour de force del globo terracqueo: sono stata prima in Olanda, poi in Belgio poi in Spagna per un mese, poi in Cambogia per lavoro e infine a Game of Tech, l’evento organizzato dalle bravissime dottorande della Federico II di Napoli — uso in questo caso il femminile sovraesteso perché sì.

Intanto trovate tutte le info sul loro progetto a https://www.gameoftech.eu/

Il mio intervento si è svolto durante la seconda giornata (19 dicembre) dedicata al lavoro digitale e a tutte le sue sfumature, ed ero con gente bravissima tipo Lilia Giugni, Gianmarco Peterlongo, scrittor3 e ricercator3 e Riccardo Mancuso, attivista di Riders Union Bologna. Ero anche in jet lag e mi sono impappinata non poco durante il discorso, mi sono scusata a profusione, ma come mi è stato giustamente ricordato, scusarsi compulsivamente è un riflesso del sessismo interiorizzato e un uomo non lo avrebbe mai fatto. Ecco dunque, per chi lo desidera, i link e le fonti utilizzate durante l’intervento:

  1. Sugli “scam workers” in Cambogia: https://restofworld.org/2022/cambodias-scam-mills/. Come dicevo anche durante il talk, seguite Rest of World, uno dei pochi magazine di storie tech e reporting originale non focalizzato solo su UE e Stati Uniti.
  2. Sull’organizzazione dei moderatori di contenuti in Kenya: https://time.com/6275995/chatgpt-facebook-african-workers-union/
  3. Sulle lotte dei moderatori contro Facebook per i licenziamenti di massa: https://www.foxglove.org.uk/2023/10/18/kenya-facebook-moderators-talks-collapse/ Anche Foxglove è una realtà da seguire.

Alcune osservazioni su digital labour e diritti di cui abbiamo discusso durante l’evento:

  • Quando parliamo di “diritti digitali” non parliamo solo di (sacrosanti) diritti degli utenti, ma anche di protezione della dignità umana lungo tutta la filiera
  • Esistono dei lavori del settore tecnologico che non hanno nulla a che fare con le grandi piattaforme. Fare un’equiparazione tra lavoratori tech e lavoratori di piattaforma è inaccurato e rischia di lasciare fuori dal discorso tutte quelle professioni (legali o meno) legate a Internet e alla rete.
  • Regolamentare il tech non significa solo fare leggi che riguardano piattaforme, ma anche guardare ai diritti dei lavoratori, soprattutto quelli del sud globale, adottare una prospettiva rights based a trecentosessanta gradi. Ad esempio, in Kenya, alcuni moderatori che hanno perso il lavoro sono stati deportati: possiamo parlare di catene globali della tecnologia senza parlare di politiche migratorie?
  • Il ruolo dell’immaginazione radicale come strumentodi rivoluzione delle condizioni materiali. Che è un discorso lunghissimo, ma molto caro al mio cuore — se siamo in grado di avere una visione di un futuro migliore siamo già sulla buona strada per realizzarlo.

Durante le vacanze natalizie mi prenderò un po’ di pausa da lavoro e studio su questioni tech per dedicarmi ad altri progetti: uno sicuramente è il pranzo di Natale veg 🍾 Poi ci sono pile di libri da leggere. A gennaio ci saranno altre novità.

Prima o poi scriverò anche qualche sulla mia esperienza di digital nomad in Spagna (prima di abbattere il nemico bisogna conoscerlo. Leggasi anche: si muore giovani o si vive abbastanza da diventare stereotipi di millennial hipster) e sui viaggi che ho fatto per lavoro nel 2023. Anche per quest’anno, la tourné della freelance precaria è conclusa, e sono tornata nella mia noiosissima provincia a stendere le tagliatelle.

p.s. Per chi arriva qui solo ora. Questo è il mio blog personale. Ci scrivo le mie cose, ce l’ho da vari anni. Ho lasciato qui anche riflessioni molto vecchie, cose in cui non mi riconosco necessariamente. Ma mi piace tenere una traccia delle cose che immagino e che ho tempo di scrivere al di là del mio lavoro.

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